Dal sentimento dell’Ottocento al graffitiamo metropolitano. IL PAESAGGIO LEGATO ALL’EVOLUZIONE DEI TEMPI

 


 

Dal sentimento dell’Ottocento al graffitiamo metropolitano.

IL PAESAGGIO LEGATO ALL’EVOLUZIONE DEI TEMPI

Anche quando, come nell'opera di Renato Guttuso "Nuvole a Palermo", l'elemento umano sembra escluso dal paesaggio, - una geometria cittadina su cui, in un cielo arioso e crepuscolare, incombono nuvole scure, gravide di presagi - lo spazio della tela diventa centro e periferia di una vicenda umana, complessa, senza tempo, segnata quasi da una predestinazione irrinunciabile e da una virile malinconia esistenziale che non trova riscatto.

Nell'Ottocento in Italia trionfano le scuole locali, il sentimento, le tradizioni storiche e religiose. Il francese Corot, con la "Veduta del Colosseo" e la veduta di "Olevano Romano", dà le più belle, significative e pacate interpretazioni di Roma. Bartolomeo Pinelli (Roma 1781 – 1835), incisore, pittore e scultore, invece, traduce il realismo romantico della poesia del Belli in scene popolari in cui recupera le rovine come teatro di vita, di memorie e di usanze quotidiane, liberando la sua visione della realtà da ogni residuo intellettualismo. Nelle sue famose stampe ritrae  paesaggi urbani, agresti e aspetti della vita popolare romana con un segno incisivo e dinamico.

Franz Roesler con la sua serie di acquerelli dedicati a "Roma sparita " (oggi al Museo cittadino di Palazzo Braschi), mentre fissa con semplicità, ma anche con la puntigliosità e il bisogno di verità di un documento, il volto di una città che gradualmente va scomparendo, poiché i nuovi piani regolatori cercano di adattare le vecchie vie della Roma papale alle necessità di una moderna capitale, segna anche il passaggio al clima arroventato del Novecento, che vede l'aereopittura dei futuristi Tato e Prampolini con visioni cosmiche ed astratte - sul tipo di "Urbanismi obliqui" e "Sorvolando Sabaudia " - in cui lo spirito polemico contro ogni passatismo si mescola all'autentica voglia di mostrare il volto dinamico della vita moderna.

Dagli anni Venti in poi decine e decine di artisti continuano a coagulare la loro ispirazione intorno al mito, alla realtà, ai misteri, all'anima e alla poesia di Roma come gl'impressionisti Spadini e De Pisis, i surrealisti De Chirico e Savinio, i puristi Guidi, Bonghi, Trombadori, Socrate, Francalancia e poi tutte le voci emblematiche della "Scuola Romana ", dai tonalisti di Via Cavour - Scipione, Mafai, Raphael agli altri non meno famosi come Ziveri, Pirandello, Cagli, Stradone, Capogrossi, Afro, Gentilini, Omiccioli, Purificato ed altri ancora, che della Città Eterna rappresentano gli aspetti più privati e personali, più sensuali ed interiori evidenziandone di volta in volta gli elementi più congeniali alla propria visione, ma con un denominatore comune, latente, sotterraneo: una sensibilità inquieta che evidenzia un senso di disfacimento e di consunzione, ma anche un profondo affetto per le cose e gli elementi della natura.

Sarebbe interessante pubblicare un  reportage visivo-pittorico attraverso una cinquantina di opere di artisti contemporanei, scelti, come al solito, nella più assoluta libertà d'idee e di forme espressive, dando spazio ad un pluralismo di poetiche e di stili, senza nessuna pretesa di esaurire un argomento cosi stimolante, ma un articolo per un quotidiano non può soddisfare queste esigenze. Il tema del paesaggio  non è più un genere concluso in sé, ma uno spazio aperto, interno od esterno, vicino o lontano, dove si accumulano sentimenti ed emozioni, dove si consumano sogni, passioni, proteste, dove si evidenziano interessi emergenti dai vissuti quotidiani. Anche quando, come nell'opera di Renato Guttuso "Nuvole a Palermo", l'elemento umano sembra escluso dal paesaggio, - una geometria cittadina su cui, in un cielo arioso e crepuscolare, incombono nuvole scure, gravide di presagi - lo spazio della tela diventa centro e periferia di una vicenda umana, complessa, senza tempo, segnata quasi da una predestinazione irrinunciabile e da una virile malinconia esistenziale che non trova riscatto.

Nell’'opera di Renzo Vespignani "Interno con paesaggio" della serie "Tra le due guerre", il paesaggio non è visto come una realtà della natura, ma come una finzione, un artificio in una città assurda e alienante dove la perdita della naturalezza va di pari passo con l'accumularsi dell'angoscia esistenziale per la perdita della libertà e per il degrado urbano. La libertà non si perde solo per una dittatura, come è avvenuto in Italia tra le due guerre, ma anche quando, come oggi, si ubbidisce ciecamente alla petulanza dei messaggi pubblicitari che invitano a comprare tutto, consumare subito e sprecare senza pensare al domani creando poi la necessità di affidarsi alla più avanzata tecnologia per rinnovare quel patrimonio di risorse e di energia così dissennatamente dissipato.

Ho iniziato dal "dopo Chernobyl" e mi sembra opportuno concludere considerando i paesaggi urbani dei graffitisti metropolitani come Seby Ruocco, che è passato dalle strade di periferia alle gallerie, dai muri alle tele, ma continua a rappresentare il paesaggio come un ambiente artificiale e geometrizzante con antenne ed insegne, con gasometri e camini, con ponti ed archi, con edifici ed elementi di archeologia industriale, attraversato da fasci di luce che gli conferiscono  una forte, drammatica ed oscura carica emotiva

 

Anna IOZZINO

Renato Guttuso – “Nuvole a Palermo” – olio su tela

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