Incontro con Felicie di AGOSTINO D’ANTONI
AGOSTINO D’ANTONI: IN ASSENZA DELLA VISTA SONO LE SUE MANI A VEDERE E CREARE SCULTURE IN TUFO E IN LEGNO
Agostino D’Antoni è uno scultore di grande talento: in assenza della vista sono le
sue mani a vedere e creare ceramiche e sculture in tufo e in legno. Vale la pena
di conoscere la sua storia che è stata un’inaspettata avventura. È nato nel 1950
nelle vicinanze del Porto di Palermo e, fino al divorzio dei suoi genitori, ha
trascorso un’infanzia felice. Fino a sette anni la sua vista era normale ed era
affascinato dalle forme e dalle linee delle architetture e delle pietre, dai colori
così variabili del cielo e del mare. Tra i sette e gli otto anni una malattia agli
occhi gli fa perdere lentamente la vista in maniera permanente, malgrado i
genitori lo abbiano fatto visitare dai più bravi specialisti. Un dolore straziante gli
attraversa l’anima, perché, come ha scritto Iorge Luis Borges, “la cecità è una
forma di solitudine”.
All’inizio della sua condizione di non vedente gli sembrava di dimenticare tutto:
oggetti, facce, colori, paesaggi, ma poi si accorge che man mano si sviluppa
sempre più il suo mondo immaginario e il suo bisogno di comunicare.
Frequenta una scuola speciale per istruirsi e per imparare il Braille, il sistema di
lettura e scrittura tattile a rilievo per non vedenti. Da adulto ha sentito il
richiamo dell’Arte e ha preso parte a vari corsi per lavorare le terre riuscendo a
creare oggetti vari e manufatti di utilità pratica facendogli acquisire una buona
manualità tattile e una buona dose di autostima. Dagli inizi degli anni Novanta
ha fatto parte dell’Associazione Culturale “Museum” per circa 25 anni dove ha
appreso l’arte della ceramica nelle sue tecniche più tradizionali: tre suoi
bassorilievi in ceramica di soggetto religioso sono in una sala-laboratorio del
Museo Capitolino e due bassorilievi che hanno come soggetti Giulio Cesare e
Venere sono in una sala- laboratorio al Museo della Civiltà Romana.
La sua cultura plastica affonda le sue radici negli umori e nell’energia positiva
della sua infanzia e nell’eterna primavera del clima palermitano. In questi ultimi
anni, nella bottega dello scultore Salvatore Dattolo, una progressiva
maturazione plastica è cominciata a fluire nelle sue mani e ha scolpito opere a
tutto tondo come “Il libro”, simbolo di cultura, scolpito in una pietra di tufo e
“Felicie” una ballerina di 38 cm di altezza, scolpita in un legno chiaro e leggero.
La ballerina – una figura di donna delicata, intensa, emozionante - sembra
pronta per entrare in scena per eseguire un ballo classico. Già nel mondo antico
Omero sottolinea il legame tra cecità e doti superiori. Quando la vista svanisce
tutto il corpo inizia a vedere e cambia anche la percezione dell’esperienza
sensibile. Penso che nessuno possa intuire e comprendere pienamente quali
strategie Agostino D’Antoni abbia cercato e trovato per colmare la mancanza
della vista e come utilizzare gli altri sensi, in particolare il tatto, in maniera
funzionale e costruttiva. Il corpo della ballerina appare dinamico, leggero e
flessibile e il giusto rapporto tra le varie parti fa intuire un armonioso ed
elegante portamento nel camminare e ballare. Agostino, aiutato dall’artista
Francesca Gravante, ha scelto di decorare questa deliziosa scultura con i colori a
pasta di piombo e ha voluto dipingere i capelli con un rosso mogano e ha
decorato il cinturino, il collarino e le scarpette con un rosso acceso, mentre una
sorta di bordo dorato circonda l’orlo del decolté e quello della gonna del tutù.
Agostino, malgrado la sua disabilità, è un uomo dal sorriso rassicurante, gentile
ed amabile e l’arte per lui è un’autentica occasione d’inclusione sociale e di
partecipazione attiva alla vita artistica e culturale di Roma.
Drs. Anna Iozzino
(Storica e critica d’Arte)
Felicie (cm 38 – legno - 2020)
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